BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

Impianto Biovoltaico, il modello perfetto di economia circolare

Col termine di impianto Biovoltaico intendo definire un impianto a biogas, che, in una logica di energia circolare, funziona esclusivamente senza l’utilizzo di biomasse vegetali, ma solo con reflui zootecnici, preferibilmente provenienti da allevamenti di vacche da latte. E’ quindi un piccolo impianto con una potenza cogenerativa difficilmente superiore a 100 kWe e che di fatto funziona in modo del tutto automatizzato. Il termine biovoltaico infatti riprende idealmente due concetti precisi delle energie rinnovabili.  Quello del fotovoltaico, che tramite l’energia solare (Photos) produce energia elettrica (Volt), in maniera del tutto passiva e senza intervento dell’uomo. Nel caso invece del biovoltaico, l’energia si produce dalla parziale trasformazione di materiale organico biologico (Bio) a gas e successiva trasformazione in energia tramite un motore a scoppio (cogeneratore). Anche in questo caso il flusso di energia (potenziale) fluisce senza l’intervento umano, dal liquame depositato in una vasca adiacente all’allevamento fino alla produzione di energia elettrica e calore.

Come nei normali impianti a biogas, sono i batteri metanigeni (Archaea) che operano la parziale digestione della sostanza organica in metano, quindi stechiometricamente da molecole composte da Carbonio ad una mistura di gas fatta da CH4 e CO2.

Cosa insegna l’esperienza

A titolo di esempio e dalla mia personale esperienza accumulata in un decennio di consulenza agli impianti di biogas, si pensi che una tonnellata o metro cubo circa di liquame fresco, può produrre attraverso il processo digestivo anaerobico circa 30 mc di biogas (58-60% CH4). La quantità in sé è di gran lunga inferiore al biogas potenziale producibile da altri substrati, come ad esempio il trinciato di mais (200 mc di biogas/t). Tuttavia il liquame è messo a disposizione dell’impianto 24h/24, 365gg/a., sotto forma di un flusso continuo proveniente dalle deiezioni dell’allevamento bovino da latte. Ben diverso invece è il mais, che deve essere coltivato appositamente, raccolto, stoccato per un anno intero e poi somministrato giornalmente dall’agricoltore alla “bocca” dell’impianto a biogas.

Tradotto il tutto in termini economici, cioè quelli che dovrebbero interessare maggiormente all’imprenditore agricolo, è chiaro che il mais ha un costo, che all’atto dell’utilizzo effettivo oggi risulta attorno ad almeno 50 euro/t (costo di produzione, stoccaggio e riduzione per percolamento e scarto). Il liquame invece non ha costi aggiuntivi, nemmeno quelli di immissione nell’impianto a biogas, in considerazione che già esso deve essere pompato dalla normale vasca di primo stoccaggio fino al vascone di raccolta finale. In quest’ottica sottolineo che esiste quindi un limite fisico di pompabilità del refluo. Pertanto il materiale deve essere pompabile, sia pure dopo opportuna agitazione automatizzata ed omogeneizzazione.

Un esempio concreto: conti alla mano l’allevatore ci guadagna in modo intelligente

Facciamo un’ipotesi: allevamento da 300 vacche in lattazione e relativa rimonta (400 UBA totali)

Caratteristiche dell’allevamento: stalla a cuccette, pavimento pieno, asportazione automatica delle deiezioni tramite ruspette, paglia pelletta come lettime, acque di lavaggio della sala d’attesa e di risciacquo dell’impianto di mungitura.

Produzione annua di circa 13.800 t liquame (10% S.S.), pari a 1.090 t (Solidi Volatili), pari a 413.000 mc biogas (58% CH4)

Produzione elettrica annua di circa 815.000 kWh (cogeneratore MAN 100 kWe con resa elettrica del 37%) in 8.200 ore/anno di funzionamento

I ricavi

ricavi annui totali € 172.000,00 

(comprensivo del valore di utilizzo pari a € 3.000,00/a. del calore per il lavaggio dell’impianto di mungitura e detratto la quota di autoconsumo dell’11% prevista dal Decreto Rinnovabili).

I costi

alimentari e manodopera per alimentazione: zero

manutenzione straordinaria e ordinaria spalmata mediamente su 20 anni: € 24.000,00/a.

consulenza biologica, spese generali ed assicurative: € 14.000,00/a.

oneri finanziari: € 7.500,00/a. (interessi sul finanziamento del 2%)

ammortamento impianto in 20 anni (periodo previsto di tariffa incentivata): € 35.000

costi annui totali € 80.500,00

UTILE NETTO € 91.500,00

Un bel vantaggio economico, non c’è che dire, anche in considerazione che un allevamento con siffatte caratteristiche, se solo ben condotto,  ha un’aspettativa di utile netto derivante dall’attività caratteristica (produzione di latte+vitelli+bovine di scarto e PAC) di circa altrettanto.

Prospettiva dell’economia circolare

Questo progetto risulta ancor più spettacolare, se visto in un’ottica di economia circolare: è una locuzione che definisce un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità (Wikipedia).

Nel caso in questione gli elementi di circolarità sono di facile dimostrazione:

Gli alimenti che mangia normalmente la vacca si trasformano in latte, liquame (reflui), digestato (ottimo fertilizzante per le colture); biogas ed energia elettrica, energia termica (che permette la completa sostituzione di altre energie fossili per i cicli di lavaggio dell’impianto di mungitura e l’eventuale riscaldamento invernale di una abitazione) ed infine CO2 emessa dal cogeneratore, ma che con la normale fotosintesi clorofilliana sin trasforma, unitamente al flusso di elementi nutritivi provenienti dal digestato, in biomassa vegetale, cioè alimento per le bovine.

Si aggiunga che poi nel recente Decreto Milleproroghe di dicembre scorso, il prodotto della digestione anaerobica, il digestato, grazie all’effettiva modificazione della natura azotata che lo compone, darà la possibilità di valorizzarlo con un riconosciuto potere fertilizzante, permettendo di ridurre il ricorso ai concimi di sintesi (chimici di origine petrolifera).

Fausto Cavalli

IlBiogas.it

 

 

dott. Agronomo, Agrometeorologo, studioso di clima, meteorologia ed economia.