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Benvenuti al villaggio Monte Maddalena, la montagna di casa dei bresciani dove “è severamente vietato soffermarsi”

A 15 minuti di macchina da Piazza Arnaldo, là dove si svolge la movida bresciana, si trova Il Villaggio Monte Maddalena.  Correva l’anno 1956 quando coraggiosamente alcuni imprenditori bresciani seppero progettare un villaggio residenziale turistico proprio sulla cima del monte Maddalena. Parliamo di un luogo senza dubbio ameno, posto su di una balconata naturale a 800 metri di quota, ricco di boschi, sentieri e una vista che spazia su tutto il nord Italia, dai monti Berici da Est, fino al Monviso e Monte Rosa a Ovest, la catena Appenninica a Sud, il monte Guglielmo e l’Adamello a Nord, senza dimenticarsi dell’intera visione del lago di Garda e dell’intera pianura Padana. Insomma un posto che dal punto di vista paesaggistico sarebbe veramente unico, un vero patrimonio che farebbe invidia a tante Città di mezza Europa, se non fosse che è stato deturpato barbaramente.

L’idea iniziale del villaggio non era poi male, si era perfino costituita la Società Funivie Maddalena, che aveva realizzato un’apposita funivia di collegamento tra la Città e il villaggio; parliamo di metà anni 50 del novecento.  Obiettivo della società era quello di valorizzare la vetta del Monte Maddalena, dotandola delle necessarie infrastrutture, quale presupposto alla realizzazione di un caratteristico quartiere giardino per Brescia, costituito da villette sparse nel bosco, una chiesa, alcune trattorie e per fino un rifugio del CAI. In sostanza era il progetto, nemmeno tanto peregrino di un villaggio per i bresciani, quale luogo di svago e di aria buona a pochi minuti dalla Città. Forse già allora si iniziava ad intuire il problema dell’inquinamento, che nei decenni successivi ha portato Brescia a livelli paragonabili a quelli raggiunti da altre zone d’Italia altrettanto sfortunate, come ad esempio Taranto con l’ILVA, o Seveso. Solo negli anni successivi si è scoperto che per fino in piena città esiste un’area (Caffaro) tanto inquinata da essere annoverata tra le zone SIN, acronimo di “sito d’interesse nazionale”. Inquinamento record, grazie allo spregiudicato sversamento durato decenni, di sostanze tossiche di ogni genere, tutte accumunate dal fatto di essere gravemente pericolose per la salute degli abitanti che ci abitano nei dintorni. Se per l’industria Caffaro, l’interesse economico di pochi ha comportato l’inquinamento di una città, così, anche nel caso del villaggio la richiesta salutistica dei bresciani furono bloccati con grande ipocrisia dalle Amministrazioni comunali del tempo, adducendo motivazioni di degrado paesaggistico. Ma in realtà  negli anni successivi le medesime Amministrazioni permisero tranquillamente l’installazione d’immensi e vistosi tralicci, zeppi di ripetitori radio e TV, esattamente sulla cima del monte. E’ ovvio che tutto questa bruttura fu realizzata favorendo l’interesse economico di pochi che hanno negli anni lucrato sulla concessione dell’area a canali televisivi e radio più o meno note. Le immagini in allegato non lasciano spazio a dubbi. Curiosamente chi ne ha beneficiato per decenni di questi interessi, risulta essere la Società Funivie Maddalena che aveva partecipato al progetto per la costruzione del villaggio e realizzato la funivia di collegamento.  Nella metà degli anni sessanta il Comune ha deciso di cambiare il piano regolatore, rendendo la zona di fatto non più edificabile e dal 2002 fa parte del “Parco delle Colline”, un Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS) riconosciuto dalla Regione Lombardia. Fin qui anche comprensibile, se lo spirito fosse stato autentico, ma i fatti hanno dimostrato che altri erano gli interessi, meno nobili e che spingevano in altre direzioni. D’altra parte non si capisce come mai a fronte di una così elevata sensibilità naturalistica, si fa per dire, contemporaneamente la stessa Amministrazione Comunale abbia permesso la realizzazioni di tali obbrobri: tralicci alti decine di metri, parabole in ogni dove, oltre che cavi elettrici volanti e residuati abbandonati dall’incuria. E così ora il villaggio giace avvolto in un sudario di rovi, pezzi di antenne e materiale elettrico di ogni genere. Ma mi raccomando, passateci pure a piedi, ma badate bene a non soffermarvi, così recita un apposito cartello, perché è molto pericoloso. Per inquinamento elettromagnetico forse? Nessuno lo dice ufficialmente, ma tutti lo suppongono. A questo proposito un personale aneddoto: passavo una sera in macchina proprio da quelle parti ed entrando nel villaggio Monte Maddalena, mi si accesero tutte le spie luminose del cruscotto, lasciandomi ovviamente del tutto intimorito. Ritornando subito indietro le luci tornarono normali. Probabilmente per lo stesso motivo, i pochi proprietari, tapini, che investirono nella costruzione delle prime graziose villette, magari frutto del lavoro e realizzazione del sogno di una vita intera, con l’installazione delle poderose antenne, fuggirono negli anni successivi dalle loro abitazioni perché, lo dicono i testimoni in una causa legale successiva, si accendevano inspiegabilmente gli elettrodomestici da soli. Il giudice gli diede pure ragione, ma, pare con modestissimi risarcimenti e lasciando la situazione immutata. Ora, in queste giornate nebbiose e piene di smog al piano, ma soleggiate sui monti, centinaia di bresciani salgono alla cima della Maddalena, in macchina, o a piedi o in bicicletta, soprattutto il sabato e la domenica ed affollano il parcheggio e le due trattorie, uniche attività eroicamente rimaste. Tutti dicono che il luogo pare abbandonato e senza un chiaro progetto per il futuro, ma poi ognuno si abitua, come accade sempre più ai nostri giorni, al degrado, alla povertà di idee, ad un incipiente squallore e alla prepotenza di chi si sente in diritto di rovinare il bene di tutti a favore di un proprio meschino vantaggio economico. Lontano e oramai assopito è invece lo spirito bresciano, una volta tanto battagliero e indomito, ma ora schiavo di un sistema economico di stampo neoliberista, che permette il deturpamento di un luogo tanto bello in nome dell’egoismo economico dei soliti pochi.

 

Fausto Cavalli

Agronomo esperto di agricoltura, energie rinnovabili, economia e politica