PM10 e COVID19, ALLA RICERCA DEL CAPRO ESPIATORIO

Certo che i media sono incredibili: hanno la capacità in un attimo, nel bene o nel male di diffondere “verità” indiscutibili, ma spesso con metodiche opache. Prendi ad esempio l’ultima questione posta all’attenzione dell’opinione pubblica: la presunta correlazione tra infezione COVID19, il particolato atmosferico PM10 e gli allevamenti in pianura Padana. E’ stato facile creare un nesso di causa effetto, dove l’allevamento è il “capro espiatorio”, cioè la clamorosa causa della pandemia in Italia. E’ facile altrettanto fare ipotesi altisonanti, ammantate da una qualche firma autorevole di professori universitari e qualche medico e il gioco è fatto. Il colpevole è servito sul programma di grande tiratura come Report di ieri sera (13/04/20), che si appoggia come fonte scientifica su un recente studio pubblicato da  Società Italiana medicina per l’ambiente. Prima di fare considerazioni sull’opportunità o meno di queste ipotesi, è senza dubbio giusto provare a verificare la fondatezza dello studio e della tesi. Se fosse vero, di fronte ad una pandemia tale, non sarebbe giustificato alcun tentennamento. Ma se fosse tutta una montatura, risulterebbe anche criminale.

A Brescia si muore di mal d’aria (parte 2a)

Lo strano andamento del pericoloso particolato PM10 nell’aria di Brescia

In questo ulteriore articolo sulla qualità dell’aria di Brescia intendo proporre alcune spiegazioni circa l’andamento della concentrazione di particolato PM10 misurato durante gli ultimi anni. Come detto nel precedente articolo di marzo, l’anno 2017 chiude con un numero di giorni fuori limite quasi pari al 2008 (l’aria non è cambiata). Quello che è importante sottolineare risulta essere la differenza significativa della concentrazione media di questi inquinanti misurata tra il semestre estivo e quello invernale, con una maggiore concentrazione nel periodo invernale rispetto a quello estivo. Questo è già un primo dato che deve fare riflettere e le cui cause sono da cercare in alcuni fattori forzanti.

A Brescia si muore di mal d’aria

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività”.  L’ordinamento giuridico conferisce all’Amministrazione locale ed in particolare al Sindaco, compiti d’intervento di tutela della salute pubblica e della salubrità dell’ambiente; quindi egli risulta il “garante” della salute dei cittadini . Così almeno dovrebbe essere, purtroppo parrebbe non a Brescia. La conferma di questa responsabilità dimenticata viene dai recenti richiami espressi dall’Unione Europea al Governo italiano, proprio in merito alla qualità dell’aria gravante sulla Pianura Padana, una vera e doverosa bacchettata per non aver intrapreso misure significative per ridurre l’inquinamento da particolato (polveri sottili PM10 e PM2,5 e ultrasottili <1 µm). Il D. Lgs 155/2010 fissa al riguardo un limite massimo di concentrazione giornaliero delle PM10 nell’aria pari a 50 microgrammi per metro cubo (µg/m³) per non più di 35 giorni all’anno, con una media annua di non oltre 40 µg/m³. Ma come sta l’aria bresciana? Pare non molto bene, anzi è ammalata cronica.