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L’agricoltura ha paura dei robot?

Come sarà l’agricoltura del futuro?
Oggi la classica scampagnata tra i campi è fatta ancora dell’odore di fieno, il rombo del trattore e quella sensazione di essere nella natura, lontani da semafori e dal traffico, dai computer e wi-fi; trovi la fattoria, la semplicità del contadino, i ritmi della natura.
In futuro potrebbe non essere più così, i contadini quasi scompaiono, il casolare, se rimane, è ristrutturato in una centrale operativa di agri scienza. Antenne ovunque, nessun rombo di trattore, solo un sommesso ronzio di decine di droni che sorvolano come api i campi e trasmettono miliardi di dati alla centrale. Poi il computer dirà ai robot seminatori dove piazzare il seme e quanto, così come per fertilizzare, diserbare e raccogliere. Se andate a leggervi Isaac Asimov ne Il Sole nudo, trovate tutto ciò già descritto con settant’anni di anticipo e quello che ha predetto non è poi così bucolico.

Ma quanto di questo futuro si sta già avverando?

Lo abbiamo chiesto ad una famiglia di agricoltori, oltre che allevatori, che nell’innovazione ha una storia lunga tre generazioni: la famiglia Fusi di Calcinato (Brescia). Un’azienda agricola con una superficie coltivata di 70 ettari ed annesso allevamento di 230 bovini da latte di razza Frisona. Si parte dalla generazione più anziana, con Severo, classe 1935. E’ la memoria storica dell’azienda. Ricorda Severo: “nel lontano ’53 mungevo a mano assieme a mio fratello, 5 bovine da latte e coltivavo 7 ettari di terra, il tutto tra stenti, fame e miserie. I segni della guerra erano ancora presenti nelle campagne, ma primo nel paese, ho iniziato con la fecondazione artificiale, che ha permesso di raddoppiare in pochi anni la produzione di latte. La prima dotazione meccanica, continua Severo, fu il glorioso Fiat 411, acquistato nel ’62 e che oggi riposa sotto un portico dell’azienda, in attesa di tramutarsi in un coccolato pezzo da museo.”
Il figlio Gianni, classe 1963, invece ricorda l’acquisto della sala di mungitura meccanica del 1994, assieme al carro unifeed, cioè di quel sistema di alimentazione a guida umana, con il quale gli alimenti che compongono la razione giornaliera sono pesati, tagliati, miscelati e poi scaricati in mangiatoia. Il latte prodotto è trasformato dalla Cooperativa COO.PRO.LAMA in Grana Padano o formaggi simili. Nel 2005 Gianni fu protagonista a livello nazionale per aver installato nella piazza di Calcinato il primo distributore automatico di latte crudo, un vero robot di vendita. In questo caso l’iniziativa ebbe inizialmente un grande successo di pubblico, ma poi la lobby della GDO e dell’industria ci misero lo zampino per metter in difficoltà questo innovativo sistema.
Ma questa è un’altra storia….
Sempre in quegli anni l’azienda si dotò di un particolare software per il controllo di gestione, grazie anche alla collaborazione della moglie Gladis.
Ma l’innovazione non si è fermata ed ora arriviamo al presente, con i figli Luca di 28 anni e Simone di 23, il primo perito agrario specializzato nelle coltivazioni ed il secondo nell’allevamento. Nel 2013 sono installati due robot di mungitura DeLaval. Dice Simone: “mio nonno, appena sono entrati in funzione, stava a guardarli affascinato ore ed ore; certo per lui il cambiamento dev’essere stato enorme!

Ma in pratica i robot cosa fanno?

Risponde Simone: “La macchina, tramite un transponder, riconosce ogni singolo capo che si presenta alla mungitura e decide se è da mungere. Nel caso la lascia entrare nell’apposito box e le fornisce una piccola dose aggiuntiva di mangime come premio. Ma la parte più avveniristica è costituita da un braccio meccanico, governato da computer che, tramite sensori, applica il gruppo di mungitura ad ogni singolo capezzolo e procede poi ad aspirare il latte, riproducendo fedelmente la succhiata tipica del vitello. Il latte munto è poi inviato, dopo filtratura, al serbatoio refrigerato, il quale a sua volta, dopo lo svuotamento, si lava automaticamente. Inoltre il robot esegue a cicli regolari la pulizia della mungitrice.
Ma c’è di più: il computer misura la quantità di latte prodotta ad ogni mungitura, analizza istantaneamente quello che fuoriesce dalla mammella e ne valuta la sanità. In caso di anomalia, il robot invia un messaggio allo smartphone dell’allevatore, mentre il latte non idoneo prontamente individuato dai sensori è separato in un apposito contenitore. Inoltre il sistema è in grado di rilevare anche i calori delle bovine tramite un attivometro. In futuro sarà in grado perfino di analizzare il livello di progesterone nel latte di ogni singolo bovino, in modo da segnalare all’allevatore il giusto momento per l’inseminazione (artificiale) e l’eventuale gravidanza.

Inoltre già da parecchi anni la stalla permette alle bovine la quasi totale libertà di movimento, disponendo di ampi box coperti, ognuna di una cuccetta dove coricarsi e acqua e alimento a volontà. Quelle poi nel periodo dell’asciutta e le manze dispongono anche di un ampio prato per il libero pascolamento. In stalla poi sono presenti altri sistemi robotizzati: la ventilazione in più punti regolata dai sensori di temperatura, umidità e vento, la quale, oltre che muovere in vario modo l’aria, provvede, se necessario, a spruzzare acqua sulla groppa degli animali, in modo da aumentare il loro confort soprattutto nel periodo estivo. La pulizia dei pavimenti della stalla invece è affidata ad un sistema automatico e temporizzato di ruspette che provvedono ad allontanare le deiezioni fino alla vasca di raccolta.”

Com’è cambiata l’alimentazione delle bovine dai tempi del nonno?

Nonostante tutta questa innovazione,” prosegue Simone “la vacca è e rimane un ruminante, che mangia come allora fieno in gran quantità, con l’aggiunta di farina di mais, soia ed integratori minerali.”

Questo fino ad oggi, ma in futuro quali ulteriori innovazioni state studiando?

Mi affascina” dice Simone ”quello che già sta accadendo in numerose stalle del nord Europa con l’alimentazione robotizzata, costituita da una “cucina” dove gli alimenti convergono, sono miscelati opportunamente e inviati tramite un piccolo vagone mobile alle mangiatoie, secondo una dieta specifica per ogni gruppo di animali.
In fine per il futuro stiamo verificando la fattibilità di trasformare l’azienda in biologica, sia perché riteniamo di aver trovato tutte quelle soluzioni che ce lo permettono, sia perché il mercato chiede sempre di più latte biologico italiano, quindi diventa un’interessante opportunità dal punto di vista economico.”

Per produrre latte biologico è necessario coltivare secondo precise regole ed allora chiediamo al fratello Luca come oggi l’azienda è gestita, in vista del traguardo prospettato. Risponde Luca:

Nelle lavorazioni del terreno adottiamo i criteri dell’agricoltura di conservazione e di precisione, spingendoci sempre più verso lavorazioni semplificate e leggere, proprio per rispettare il più possibile la fertilità del terreno, consapevoli che esso è luogo di una complessa interazione tra la flora microbica, gli insetti e le radici delle piante.” Sottolinea Luca “la coltivazione agricola non è sostenibile senza l’utilizzo di un buon concime organico, letame o liquame che sia. I microrganismi presenti nel terreno ne hanno bisogno perché trasformano questi in sostanza organica, elemento essenziale per il mantenimento di una buona fertilità per i decenni futuri.

Oggi le coltivazioni non sono ancora secondo il metodo biologico, ma da quasi due anni e su alcuni terreni abbiamo iniziato il lungo iter per ottenere tale ambizioso riconoscimento. Sugli altri terreni seguiamo regole di coltivazione per la lotta integrata agli insetti e alle malerbe, che si traduce in un ridotto utilizzo di fertilizzanti chimici, a favore di quello organico aziendale e riduzione dei diserbanti. La tecnica meccanica, infatti, mette a disposizione sistemi di lavorazione che permettono oramai l’eliminazione delle infestanti con l’utilizzo di macchine di precisione (strigliatore e sarchiatrici a controllo ottico).

Anche il sistema d’irrigazione è robotizzato; lo spargimento a goccia permette una riduzione dell’acqua utilizzata fino ad un sesto rispetto al sistema classico a scorrimento. Inoltre si ottengono maggiori produzioni e una migliore qualità dei prodotti, evitando alle piante inutili stress. Anche lo stesso agricoltore poi beneficia di alcuni vantaggi, riducendo di gran lunga le ore di lavoro impiegate. Sui trattori inoltre sono stati installati sistemi satellitari per lo spandimento puntuale dei concimi, diserbi e seme in modo preciso. Già in alcune aziende estere inoltre si sta sperimentando la guida robotizzata dei trattori, magari elettrici ed alimentati da pannelli fotovoltaici, vere macchine che si guidano da sole senza l’intervento umano.
I robot, quindi, permetterebbero alle aziende agricole di essere più redditizie. Tuttavia queste aspettative non è detto che si realizzino, o che, soprattutto, vadano a vantaggio degli agricoltori. Il rischio è che la dipendenza da sistemi complessi potrebbe prestare il fianco alle pretese di prezzo di grandi gruppi multinazionali, notoriamente molto attenti alla massimizzazione degli utili (loro).
Immaginiamo, senza nemmeno ricorrere a troppa fantasia, che i big data necessari saranno elaborati da queste grandi società, acuendo la dipendenza degli agricoltori da esse, oltre a quella già attuale relativa alle sementi, i concimi e quant’altro. Il problema, sia ben chiaro, non è costituito dai robot, perché grazie ad essi sarà possibile un lavoro in campagna molto meno faticoso, ma di chi in futuro probabilmente ne deterrà l’effettivo controllo, esercitato tramite uno smisurato potere economico di livello sovra nazionale.
In questo possibile ma agghiacciante scenario futuro non ci sarebbe quasi più nessuno in grado di produrre cibo, se non poche aziende monopolistiche al mondo, i Signori del cibo, libere di arricchirsi in maniera inimmaginabile e che ci propinerebbero alimenti liofilizzati costruiti con sistemi biochimici, il tutto rigorosamente vegan e carbon free!

Fausto Cavalli

Articolo pubblicato su businewss.it

Agronomo esperto di agricoltura, energie rinnovabili, economia e politica