L’agricoltura ha paura dei robot?

Come sarà l’agricoltura del futuro?
Oggi la classica scampagnata tra i campi è fatta ancora dell’odore di fieno, il rombo del trattore e quella sensazione di essere nella natura, lontani da semafori e dal traffico, dai computer e wi-fi; trovi la fattoria, la semplicità del contadino, i ritmi della natura.
In futuro potrebbe non essere più così, i contadini quasi scompaiono, il casolare, se rimane, è ristrutturato in una centrale operativa di agri scienza. Antenne ovunque, nessun rombo di trattore, solo un sommesso ronzio di decine di droni che sorvolano come api i campi e trasmettono miliardi di dati alla centrale. Poi il computer dirà ai robot seminatori dove piazzare il seme e quanto, così come per fertilizzare, diserbare e raccogliere. Se andate a leggervi Isaac Asimov ne Il Sole nudo, trovate tutto ciò già descritto con settant’anni di anticipo e quello che ha predetto non è poi così bucolico.

La caccia alle streghe sul biogas agricolo

La “caccia alle streghe” è un modo di dire molto comune che, in senso figurato assume il significato di persecuzione e/o messa al bando di persone giudicate pericolose sulla base di sospetti, preconcetti, tabù infondati, come accadeva nel medioevo quando le streghe, in realtà solo donne sfortunate, le bruciavano a furor di popolo. Il fenomeno del biogas in Italia pare subire lo stesso tipo d’irrazionale pregiudizio, fomentato da poco chiari interessi  verso altre forme di produzione energetica (petrolio, gas), ma soprattutto da ignoranza, da leggersi non solo come mancanza di conoscenza. Come esempio di tale sospettoso approccio propongo un articolo comparso di recente su di un giornale locale Ragusanews, e a firma di Irene Savasta.

Conflitti sociali e risorse idriche. Il caso della Laguna Paròn

I conflitti sociali legati alle risorse idriche in Perù stanno assumendo sempre maggiore rilevanza. La diminuzione della disponibilità delle acque e una crescente “sete” idrica accentuano la competizione tra usi primari ed attività economiche. Il caso della Laguna Parón mostra come forze ed interessi contrapposti si affrontino per il controllo delle medesime risorse. Racconta delle derive neoliberali dello Stato, forte della Ley de Recursos Hìdricos n°29338 del 2009 che, nella definizione delle priorità d’uso e di consumo delle risorse idriche, mette sullo stesso piano le attività economiche di tipo agricolo con quelle estrattive ed energetiche, rafforzando lo squilibrio tra poteri locali e sovranazionali. Nonostante da anni le parti interessate stiano cercando una soluzione al conflitto, la comunità e gli attori coinvolti vivono ormai in uno stato di diffidenza e il difficile e lungo percorso di dialogo intrapreso è ben lungi dall’essere concluso.

Latte italiano? Se lo dice l’etichetta…

Nel mondo del latte c’è grande soddisfazione: finalmente quello italiano è riconoscibile dall’etichetta! Il 19 aprile entra in vigore il nuovo decreto sull’etichettatura d’origine per i prodotti lattiero caseari Decreto 9 dicembre 2016. Sono tre gli elementi che troveremo sulle nuove etichette: origine del latte, Paese di trattamento, Paese di confezionamento. Una svolta epocale per il nostro latte, che traspare, infatti, dalle dichiarazioni trionfalistiche delle Organizzazioni sindacali agricole e da parte dello stesso Ministro delle Politiche agricole e forestali Maurizio Martina. Così la Coldiretti “​Storico via libera della Commissione europea alla richiesta italiana di indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseario”; e ancora: “Raddoppia il prezzo del latte italiano dopo il via libera all’etichetta d’origine su latte e formaggi”. Aggiunge il Ministro: “Con oggi ufficializziamo che l’Italia porta in etichetta l’origine del latte e dei suoi derivati. E una tappa storica per il mondo dei produttori e degli allevatori ed è necessario per garantire sempre di più e sempre meglio i nostri allevatori in questo momento molto difficile per la crisi del latte che sta vivendo tutta l’Europa”. Finalmente quindi i consumatori potranno scegliere sugli scaffali dei supermercati i prodotti lattiero caseari in base alla provenienza italiana, mentre gli allevatori potranno godere dal punto di vista economico, della richiesta esclusiva del loro latte da parte dell’industria e della GDO. Ma è proprio così?

Il modello europeo di Società neoliberista, ovvero per chi suona la campana

La teoria economica neoliberista, si pone come scopo l’esaltazione del libero mercato, ma, più propriamente in essa il particolare soggetto è l’impresa. . L’obiettivo, sia chiaro, non è però quello di favorire l’impresa nel suo complesso, cioè a vantaggio anche dei lavoratori, bensì quello di massimizzare il profitto esclusivamente dell’imprenditore e degli eventuali suoi soci.  Non esiste un limite a questo profitto, il quale può essere anche smodato. In questo contesto il mercato si regolerebbe da solo attraverso il meccanismo della competizione, mentre lo Stato detta alcune regole basilari, senza troppo comprometterne l’andamento. Il risultato: le persone sono consumatori, che, tramite gli acquisto di merci, favoriscono il maggior profitto delle imprese. Il costo del lavoro deve essere compresso il più possibile, essendo una componente non fissa del costo di produzione.

Benvenuti al villaggio Monte Maddalena, la montagna di casa dei bresciani dove “è severamente vietato soffermarsi”

A 15 minuti di macchina da Piazza Arnaldo, là dove si svolge la movida bresciana, si trova Il Villaggio Monte Maddalena.  Correva l’anno 1956 quando coraggiosamente alcuni imprenditori bresciani seppero progettare un villaggio residenziale turistico proprio sulla cima del monte Maddalena. Parliamo di un luogo senza dubbio ameno, posto su di una balconata naturale a 800 metri di quota, ricco di boschi, sentieri e una vista che spazia su tutto il nord Italia, dai monti Berici da Est, fino al Monviso e Monte Rosa a Ovest, la catena Appenninica a Sud, il monte Guglielmo e l’Adamello a Nord, senza dimenticarsi dell’intera visione del lago di Garda e dell’intera pianura Padana. Insomma un posto che dal punto di vista paesaggistico sarebbe veramente unico, un vero patrimonio che farebbe invidia a tante Città di mezza Europa, se non fosse che è stato deturpato barbaramente.

I benefici per la salute dell’allevamento a erba GrassFed

I consumatori sono stati indotti a credere che la carne è carne. In altre parole, non importa come un animale viene alimentato, il valore nutrizionale dei suoi prodotti rimane lo stesso. Questo non è vero, infatti la dieta di un animale può avere una profonda influenza sul contenuto nutritivo dei suoi prodotti. Per i prodotti di origine animale la differenza tra la dieta a grano e quella ad erba è notevole. Infatti risulta che i prodotti di animali allevati con dieta ad erba denominati Grassfed, tendono ad avere un tenore in grassi totali di gran lunga inferiore rispetto ai prodotti da animali allevati a grano, Grainfed. Ad esempio, una bistecca di manzo Grassfed ha un contenuto di circa dalla metà a un terzo della quantità di grasso a parità di taglio di carne rispetto ad un manzo Grainfed. In realtà la carne GrassFed possiede circa la stessa quantità di grasso come quella di pollo o di cervi selvatici.[1] Quando la carne è così magra tende ad abbassare i livelli di colesterolo LDL. [2]total fat

Il grasso sviluppa 9 calorie per grammo, rispetto a solo 4 calorie per le proteine e i carboidrati. Pertanto maggiore è il contenuto di grasso, maggiore è la quantità di calorie assunte nell’alimentazione. Secondo questo principio quindi una bistecca di 170 grammi di manzo allevato a erba ha quasi 100 calorie in meno rispetto alla stessa bistecca proveniente da un manzo Grainfed. Considerando un’alimentazione caratterizzata da una quantità media di carne di manzo, il passaggio alla carne Grassfed comporta una riduzione su base annua di 17.733 calorie, senza che questo richieda alcuna forza di volontà o di cambiamento delle abitudini alimentari. Se tutti gli americani mangiassero carne GrassFed, l’epidemia nazionale di obesità si avvierebbe ad una sicura riduzione.

Il miracolo agricolo della costa di Almeria

Si è sempre detto che la Grande Muraglia cinese sia l’unica struttura umana visibile dallo spazio. In realtà gli astronauti che soggiornano nella base interplanetaria ISIS affermano che l’unica veramente distinguibile sono gli sterminati e fitti campi di serre (invernaderos) che coprono 30.000 ettari della zona nel sud-est della Spagna, tra Almeria e Adra. Il fatto più sorprendente è che la medesima area geografica sia conosciuta dagli studiosi del clima, come la più secca d’Europa, con una media di soli 220 mm di pioggia all’anno. Pare impossibile che un’area geografica condannata dal clima alla povertà ed al sottosviluppo, sia riuscita a diventare ricca fino a primeggiare con zone geografiche ben più dotate.

Quale futuro per Centrale del Latte di Brescia ?

La storia della Centrale del Latte di Brescia S.p.A. ha inizio nel 1930 e parte ovviamente dal latte. Scopo della Centrale del Latte di Brescia era infatti assicurare ai cittadini il controllo igienico di questo alimento e garantirne ogni giorno la distribuzione. Dal 1931 a oggi la produzione, oltre al latte, passa per i latticini, uova, verdure di 4° gamma, affettati e una linea di prodotti biologici. I risultati economici della Centrale parlano di un fatturato complessivo pari ad oltre 54 milioni di euro (anno 2013) e utili che da anni superano il milione di euro. La Centrale storicamente era partecipata quasi per intero dal Comune di Brescia, salvo una piccola quota detenuta dalla Provincia ed una dalla Camera di Commercio. A causa delle difficoltà di bilancio creata in particolare dalla realizzazione della metropolitana a Brescia, il Consiglio Comunale, in data 19.12.2013, ha approvato l’indirizzo a ridurre fino al 52% delle quote la propria partecipazione detenuta in Centrale. Con la vendita degli ultimi due lotti delle quote di Centrale del Latte Brescia e con un’offerta di 4,45 euro ad azione, Coldiretti Brescia Hc. Srl si è aggiudicata i due residui lotti posti in vendita dal Comune.  L’altro partecipante al bando, la Nuova Emilgrana di Bergamo, aveva invece messo sul tavolo 4,03 euro ad azione. Coldiretti, in questo modo, prosegue la scalata volta alla conquista della Centrale, diventando così il secondo socio dopo il Comune, con il 12,65%. La Centrale del Latte a questo punto vede il proprio capitale così suddiviso: Comune di Brescia 54 %, Coldiretti Hc srl 12,7%, Iniziative Alimentari (Ambrosi, Lonati, ecc.) 11,7%, BIM (Consorzio Comuni Valcamonica) 5,9%, Cooperativa Latte Brescia 5,9%, Nuova Emilgrana (Gruppo Zanetti SpA) 5,8%, Cooperativa Produttori latte indenne Brescia 3%, Agrilatte Cooperativa 2,9%.