BEGIN TYPING YOUR SEARCH ABOVE AND PRESS RETURN TO SEARCH. PRESS ESC TO CANCEL

Conflitti sociali e risorse idriche. Il caso della Laguna Paròn

I conflitti sociali legati alle risorse idriche in Perù stanno assumendo sempre maggiore rilevanza. La diminuzione della disponibilità delle acque e una crescente “sete” idrica accentuano la competizione tra usi primari ed attività economiche. Il caso della Laguna Parón mostra come forze ed interessi contrapposti si affrontino per il controllo delle medesime risorse. Racconta delle derive neoliberali dello Stato, forte della Ley de Recursos Hìdricos n°29338 del 2009 che, nella definizione delle priorità d’uso e di consumo delle risorse idriche, mette sullo stesso piano le attività economiche di tipo agricolo con quelle estrattive ed energetiche, rafforzando lo squilibrio tra poteri locali e sovranazionali. Nonostante da anni le parti interessate stiano cercando una soluzione al conflitto, la comunità e gli attori coinvolti vivono ormai in uno stato di diffidenza e il difficile e lungo percorso di dialogo intrapreso è ben lungi dall’essere concluso.

Aveva ragione l’ex segretario generale dell’ONU Kofi Annan quando nel 2002 sostenne che l’accesso e il controllo delle risorse idriche poteva essere tra le cause principali delle future guerre del nostro secolo. L’acqua disponibile all’uomo per soddisfare i propri bisogni è solo una minima parte delle risorse idriche presenti sul pianeta. Oltre il 96% dell’acqua terrestre è costituita dagli oceani, seguita con l’1.7% da ghiacciai e permafrost. Laghi, fiumi e umidità nel terreno, insieme alle acque sotterranee non salate, rappresentano a livello statistico percentuali irrisorie, ma sono queste le acque alle quali l’umanità deve rivolgersi. Sfortunatamente per noi, questa acqua è la più soggetta alle perturbazioni e alterazioni di qualità e quantità, non è equamente distribuita e nemmeno tutta immediatamente e facilmente accessibile.

Per chi non soffre della carenza di acqua o di conflitti legati al suo accesso e e alla sua distribuzione, queste possono sembrare cifre senza un reale significato. Tuttavia dall’acqua dipende la salute, la dignità, la vita e lo sviluppo delle attività di intere comunità. La denominazione “oro blu” evidenzia come una risorsa basilare, prioritaria e limitata, che dovrebbe essere un bene comune a disposizione di tutti, sia sempre più legata ad interessi di tipo economico, tali da renderla un bene di consumo e di mercato. Per provare a capire cosa comporti nella realtà un conflitto sociale legato al tema delle risorse idriche, riportiamo la lotta portata avanti da una piccola comunità di agricoltori andini nella Regione di Hancash, in Perù. Lotta che è la conseguenza di un conflitto iniziato a partire dagli anni Settanta con la grande multinazionale dell’energia Duke Energy, che per anni ha sfruttato un bacino idrico vitale per l’intero territorio provinciale, compromettendo gli equilibri socio ambientali dell’area.

In Perù i conflitti sociali legati a tematiche ambientali sono una parte significativa del totale; parte quasi sicuramente destinata ad aumentare di peso ed importanza nel medio periodo. Secondo lo studio Conflictos sociales y recursos hídricos della Defensorìa del Pueblo, dei 539 conflitti sociali attivi e latenti nel paese dal 2011 al 2014, ben 153 sono legati alle risorse idriche. Secondo questo studio gli attori sociali più coinvolti risultano le comunità contadine, per un 24% del totale; i comitati di lotta e difesa temporanei per il 21% ed i centri popolati ed i villaggi per il 19%. Attori che vivono per la maggior parte nelle regioni andine, tradizionalmente ricche di acqua, ma che a causa dell’aumento delle temperature, della diminuzione delle precipitazioni e della riduzione dei ghiacciai, stanno rivedendo modalità e forme d’adattamento, non senza frizioni. Secondo l’ultimo Inventario Nacional de Glaciares y Lagunas del 2014, negli ultimi 40 anni il paese ha perso circa il 43% della sua superficie ghiacciata .

Il bacino idrico in questione è una laguna che si trova a 32 km dalla città di Caraz, all’interno del Parco Nazionale Huascarán (Riserva della biosfera UNESCO dal 1977 e Patrimonio naturale dal 1985) ad una altezza di oltre 4.000 metri. Questa laguna è il serbatoio d’acqua dolce più grande del Parco e, oltre ad essere indispensabile per i delicati equilibri ambientali del luogo, lo è anche per la sopravvivenza delle oltre 20 mila persone che vivono a valle.

Il punto di partenza

Per abbattere il rischio idrogeologico e scongiurare eventuali esondazioni, dopo le inondazioni ed il terremoto della regione di Ancash nel 1970, alla laguna venne aggiunto un tunnel scolmatore artificiale per la regolazione del volume di acqua. Per quanto ritenuta necessaria, questa azione predispose allo sfruttamento della laguna stessa. Nel 1993 il governo di Alberto Fujimori affidò la laguna e l’infrastruttura all’impresa statale Electroperù, con una concessione che gli garantì l’apporto idrico necessario all’attività di generazione di energia idroelettrica più a valle, nella grande Centrale del Canyon del Pato. Sotto l’onda della nuove politiche liberiste, nel 1996 lo stesso governo avallò il trasferimento della concessione alla privata Empresa de Generación Eléctrica Nor Perù S.A. EGENOR che, dopo varie fusioni e passaggi di mano, si trasformò nel 2000 nella compagnia Duke Energy EGENOR, multinazionale dell’energia con sede negli Stati Uniti.

La Duke Energy, forte del sostegno governativo e incurante delle conseguenze delle sue azioni, iniziò lo sfruttamento della Laguna Paron con un volume d’acqua di oltre 6 m3/s, senza verificare le esigenze idriche della popolazione e senza concordare tempistiche e periodi. A causa di eccessivi volumi di scarico, si riscontrarono ingenti danni alle infrastrutture idriche secondarie, ai canali d’irrigazione e alle coltivazioni agricole in tutto il sottobacino. Il volume d’acqua della laguna nei mesi estivi era, inoltre, troppo esiguo per alimentare le sorgenti tradizionali, dove gli animali si abbeveravano e dove gli agricoltori tenevano i pascoli. Lo scompenso idrico era così forte che tutto l’ecosistema protetto del Parque Nacional Huascarán (PNH) ne soffriva.

La lotta per mantenere l’accesso all’acqua

Dopo continue lamentele alle autorità competenti ed una serie di risposte vaghe ed inconcludenti, nel luglio 2008 la popolazione caracina, organizzata nel Frente de Defensa de la Laguna Parón y el Medio Ambiente, assunse il controllo dell’area, occupando con la forza la laguna e le infrastrutture dell’impresa. Nonostante alcune denunce per violazione della proprietà privata, occupazione abusiva e minacce, questa azione fu legittimata ed ebbe risonanza nazionale. Così, nel 2010, il governo dichiarò la Laguna Paron “bene pubblico e di patrimonio della Nazione” e ne statalizzò la proprietà. Tuttavia nel 2011 una sentenza della Corte Costituzionale ripristinò la licenza d’uso di acqua a scopi energetici della Duke Energy ed incaricò l’Autorità Nazionale per l’Acqua (ANA) di ripristinare la proprietà degli impianti della società. Una sentenza resa possibile grazie anche alla recente legge sulle risorse idriche del 2009 (Ley de Recursos Hìdricos n°29338). Secondo molti pur apportando varie migliorie, questa legge è sostanzialmente privatista, sostiene cioè l’investimento privato nella gestione delle risorse idriche. Vari sono i punti contestati, tra i quali l’elevazione a principio giuridico dell’investimento privato e pubblico-privato in materia di gestione e sfruttamento delle risorse idriche, la concessione in blocco delle licenze di uso dell’acqua in mani private, un sistema che premia l’uso efficiente dell’acqua (e non l’uso sostenibile) ed una definizione delle priorità d’uso e di consumo delle risorse idriche che mette sullo stesso piano le attività economiche di tipo agricolo, con quelle estrattive ed energetiche .

Il tavolo di dialogo

A seguito della sentenza, nel novembre del 2011, iniziarono le trattative per il caso della Laguna Paron. Un tavolo di dialogo nella Presidenza del Consiglio dei Ministri – PCM con tutti gli attori interessati che si chiuse a febbraio 2014 lasciando irrisolte alcune questioni. Ignorò infatti due richieste importanti per gli agricoltori della zona: la modifica della licenza d’uso dell’acqua e la revisione della proprietà degli impianti della laguna. La speranza di poter includere questi due punti all’interno delle trattative svanì quasi del tutto. Con la decisione della Oficina Nacional de Dialogo y Sostenibilidad (ONDS) di instaurare un “tavolo tecnico” invece che un “tavolo di sviluppo”, a febbraio 2015 si diedero alcuni obiettivi prioritari differenti da quelli voluti dalla stessa comunità. Questi riguardarono la stesura di un Piano di regolazione della laguna, la revisione ed il monitoraggio degli impianti dell’impresa e la creazione di un Comitato di Gestione del sottobacino Llullán Paron per la gestione delle acque. Questioni importanti, ma che non hanno toccato l’anima del problema: la modifica della licenza d’uso dell’acqua e la revisione della proprietà degli impianti della laguna.

Il clima che si respira ancora oggi non è dei migliori. L’impresa non ha mai pagato per i danni causati dallo sfruttamento eccessivo dell’acqua, la municipalità fa promesse che sa di non poter mantenere, approfittando della buona fede della comunità. L’ANA, in totale intesa con l’impresa, tenta ad ogni modo di ridicolizzare la popolazione locale e di sminuirne le richieste. La comunità di Cruz de Mayo, divisa e debole al proprio interno, ancora non permette all’impresa di attraversare il suo territorio e diffida di qualunque proposta venga fatta dall’ANA. Infine, la popolazione locale, che si sente esclusa da ogni processo di dialogo, manifesta contro la comunità di Cruz de Mayo, accusandola di essere connivente con l’impresa. Un tavolo di dialogo, nel quale non c’è comunicazione tra le parti, né un minimo di fiducia, non è destinato a portare molto lontano.

di Andrea Mora e Milena LV Molozzu per A Sud

 

Andrea Mora ha studiato Scienze umane dell’ambiente, del territorio e del paesaggio, presso Università degli Studi di Milano e pianificazione del Territorio presso l’Università di Torino. Ha vissuto un’esperienza annuale di volontariato in Perù con il progetto Techo-Perù. Vive attualmente a Brescia.

Per approfondire:

Laguna de Paròn

Conflictos sociales y recursos hídricos 

Proyectolima

 

 

Agronomo esperto di agricoltura, energie rinnovabili, economia e politica