La bufala dei 15000 litri di acqua per kg di carne bovina

Oggi, come tanti italiani, abbiamo bevuto l’urina di Giulio Cesare! Si stima che il famoso condottiero romano, nei suoi 63 anni di vita, ha eliminato oltre trenta tonnellate di urina, quasi tutte finite teoricamente nel bacino del Mediterraneo. Qui, secondo alcuni studi, il ciclo di rimescolamento delle molecole dell’acqua si completa ogni duemila anni. Ecco spiegato l’incipit iniziale. In teoria in ogni litro d’acqua del Mediterraneo, e perché no, anche in quella che beviamo, è teoricamente presente qualche molecola dell’acqua contenuta nelle urine di Giulio Cesare. Si, perché l’acqua non si consuma, ma si ricicla e si riutilizza in un ciclo, di fatto, infinito. Pertanto l’acqua che cade ad esempio su un pascolo è usata prima dalle erbe per crescere, poi attraverso queste passa agli animali che pascolano e che la restituiscono con le feci e le urine, che concimano il terreno, in un rinnovato ciclo della stessa acqua. E’ di fatto un approccio discutibile quello di confondere i diversi passaggi di quest’acqua annoverandoli tutti sotto la voce  “consumo” e sommando tra loro le diverse fasi del ciclo dell’acqua in un dato ecosistema. Inoltre, ragionando di acqua, è utile distinguerla secondo queste diverse tipologie: l’acqua blu delle falde e dei corpi idrici, acqua verde piovana e/o traspirata dal terreno durante la crescita delle colture e acqua grigia necessaria per diluire e depurare gli scarichi idrici di trasformazione.

Conflitti sociali e risorse idriche. Il caso della Laguna Paròn

I conflitti sociali legati alle risorse idriche in Perù stanno assumendo sempre maggiore rilevanza. La diminuzione della disponibilità delle acque e una crescente “sete” idrica accentuano la competizione tra usi primari ed attività economiche. Il caso della Laguna Parón mostra come forze ed interessi contrapposti si affrontino per il controllo delle medesime risorse. Racconta delle derive neoliberali dello Stato, forte della Ley de Recursos Hìdricos n°29338 del 2009 che, nella definizione delle priorità d’uso e di consumo delle risorse idriche, mette sullo stesso piano le attività economiche di tipo agricolo con quelle estrattive ed energetiche, rafforzando lo squilibrio tra poteri locali e sovranazionali. Nonostante da anni le parti interessate stiano cercando una soluzione al conflitto, la comunità e gli attori coinvolti vivono ormai in uno stato di diffidenza e il difficile e lungo percorso di dialogo intrapreso è ben lungi dall’essere concluso.