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Il miracolo agricolo della costa di Almeria

Si è sempre detto che la Grande Muraglia cinese sia l’unica struttura umana visibile dallo spazio. In realtà gli astronauti che soggiornano nella base interplanetaria ISIS affermano che l’unica veramente distinguibile sono gli sterminati e fitti campi di serre (invernaderos) che coprono 30.000 ettari della zona nel sud-est della Spagna, tra Almeria e Adra. Il fatto più sorprendente è che la medesima area geografica sia conosciuta dagli studiosi del clima, come la più secca d’Europa, con una media di soli 220 mm di pioggia all’anno. Pare impossibile che un’area geografica condannata dal clima alla povertà ed al sottosviluppo, sia riuscita a diventare ricca fino a primeggiare con zone geografiche ben più dotate.

Qui non piove quasi mai e la terra è riarsa da un sole impietoso, tipico di latitudini più da nord africa; eppure si coltiva in maniera intensiva, realizzando dai due ai tre raccolti annui di pomodori, peperoni, melanzane, cetrioli, fagioli, meloni e angurie, con una produzione per metro quadrato di oltre 20 kg.  A questo vero e proprio miracolo si dedicano più di 100.000 persone, con una produzione in continuo aumento che oggi va oltre i 3,4 milioni di tonnellate di ortofrutta all’anno (70% esportato in Germania, Francia, e Regno Unito) e con un fatturato complessivo superiore ai 2,5 miliardi di euro. Pertanto il solo settore produttivo agricolo vale l’11% del PIL della provincia di Almeria, a cui bisogna aggiungere tutti i servizi ad esso connesso, l’industria di trasformazione, i trasporti, ecc. A titolo di esempio la produzione di pomodoro è stata nel 2013 di 958.000 t con una superficie investita di 10.232 ettari (resa 9,36 kg/m2, prezzo medio di vendita pari a € 0,56/kg, 64% di prodotto esportato).

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Tutti questi dati li conferma il sig. Esteban, agricoltore in Adra, ricca cittadina costiera posta a 50 km a ovest di Almeria. La sua azienda a conduzione famigliare è costituita da due serre, per una superficie di circa 1 ettaro, sfruttati secondo più cicli produttivi. Visitando uno di questi “invernaderos” nel periodo di fine agosto erano in accrescimento i peperoni, che andranno in maturazione entro novembre e, dopo un mese di intervallo, seguirà una nuova coltura. Le sue serre sono piane e coperte da un telo di plastica bianca, forata ad intervalli regolari. Il terreno è ricoperto da uno strato di sabbia, così come accade in quasi tutte le serre della zona (copertura del suolo naturale con uno strato di sabbia silicea con funzione di trattenere la preziosa umidità). Il consumo di acqua è minimo, essendo le serre tutte dotate d’irrigazione a goccia. Una misura del fenomeno economico, dice Esteban, lo si deduce dal costo del terreno nudo, che raggiunge i 150.000 euro/ettaro e, se coperto da serra, arriva a costare fino a 300.000 euro. Esteban prevede una produzione di circa 7-8 kg/m2 ed un prezzo atteso al kg fino ad oltre 1 euro. Inoltre, spiega che oggi l’agricoltura di Almeria costituisce un modello agricolo unico in Europa, non solo per vastità e volume di prodotto, ma anche perchè è oramai diventata un vero e proprio cluster d’imprese produttive che comprende, oltre all’attività di coltivazione, un forte industria ad essa connessa, come ad esempio la fabbricazione di contenitori, teli di plastica e strutture per le serre, sementi, a cui partecipano un migliaio di tecnici professionisti (agronomi e periti agrari). Un altro aspetto che colpisce nell’intervista al sig. Esteban è la particolare attenzione riposta a favore dell’ambiente e della sicurezza alimentare. Con questo fine la produzione di tipo intensiva convenzionale si è trasformata negli ultimi anni in produzione integrata ed anche biologica. Il controllo degli insetti dannosi viene fatto tramite l’uso di antagonisti naturali, riducendo drasticamente l’utilizzo d’insetticidi: il 93% della superficie e il 65% della produzione della zona segue un disciplinare di produzione secondo gli standard nord europei. Il diserbo fatto tra una coltura e la successiva viene fatto con la tecnica della solarizzazione, cioè mediante copertura del terreno con telo, in modo da “bruciare” le malerbe. Durante la coltivazione invece viene fatto strappando le infestanti a mano. Sempre Esteban spiega che la resa economica è diminuita mediamente negli anni, a fronte di prezzi di vendita stabili, ma di costi in continuo aumento, tuttavia il sistema realizzato qui è sembrato economicamente solido e vincente, proprio perché fortemente organizzato, integrato ed interconnesso tra le varie figure. Gli agricoltori hanno saputo intuire i vantaggi dello stare insieme in grandi cooperative e non è mancato il coraggio di pensare in grande. Il sole è la maggiore risorsa del territorio e l’hanno saputa sfruttare, non costruendo cemento su cemento, ma realizzando un sistema agricolo unico nel suo genere.

Un’ultima riflessione va fatta: il confronto tra questa realtà produttiva di Almeria e, ad esempio, quella di Pachino o di Ragusa in Sicilia, risulta impietoso. La differenza pare abissale, nonostante in Sicilia la piovosità sia anche nettamente superiore (450 mm di pioggia annua) e la temperatura media sia molto simile. Purtroppo in Italia quello che manca è un vero sistema produttivo organizzato. A fronte di un potenziale produttivo analogo, se non superiore, nella zona ragusana la superficie ricoperta di serre è di “soli” 8700 ettari; gli agricoltori sono poco organizzati tra loro in cooperative e le attività connesse sono frammentate. Il risultato è che gli ortaggi di Almeria giungono in tutta Europa al momento giusto e sono perfettamente allineati agli standard produttivi più restrittivi del nord Europa, caratteristica che per i prodotti italiani pare ancora alquanto lontana da raggiungere.

Fausto Cavalli

Per approfondire:

http://www.publicacionescajamar.es/series-tematicas/economia/los-invernaderos-de-almeria-analisis-de-su-tecnologia-y-rentabilidad/

La agricultura familiar en Almería: un modelo sostenible www.youtube.com/watch?v=IBIpgnxtTpE

Agronomo esperto di agricoltura, energie rinnovabili, economia e politica