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A Brescia si muore di mal d’aria

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività”.  L’ordinamento giuridico conferisce all’Amministrazione locale ed in particolare al Sindaco, compiti d’intervento di tutela della salute pubblica e della salubrità dell’ambiente; quindi egli risulta il “garante” della salute dei cittadini . Così almeno dovrebbe essere, purtroppo parrebbe non a Brescia. La conferma di questa responsabilità dimenticata viene dai recenti richiami espressi dall’Unione Europea al Governo italiano, proprio in merito alla qualità dell’aria gravante sulla Pianura Padana, una vera e doverosa bacchettata per non aver intrapreso misure significative per ridurre l’inquinamento da particolato (polveri sottili PM10 e PM2,5 e ultrasottili <1 µm). Il D. Lgs 155/2010 fissa al riguardo un limite massimo di concentrazione giornaliero delle PM10 nell’aria pari a 50 microgrammi per metro cubo (µg/m³) per non più di 35 giorni all’anno, con una media annua di non oltre 40 µg/m³. Ma come sta l’aria bresciana? Pare non molto bene, anzi è ammalata cronica.

I dati rilevati dal 2008 fino a fine 2017 dalla centralina posta in pieno centro cittadino (Broletto) dimostrano che si è sempre superato il limite di 35 giorni all’anno per tutti gli anni presi in esame. Per 3 di questi anni nemmeno la media annua di 40 µg/m3 è stata rispettata.  (Arpa Lombardia)

Per meglio comprendere il problema, è necessario capire che le fonti del particolato atmosferico si dividono in primarie, cioè emissione diretta di materiale particolato in atmosfera da fonti soprattutto antropiche (traffico, riscaldamento, processi industriali, inceneritori, ecc.) e in piccola parte naturali. Le fonti secondarie invece, riguardano la condensazione di molecole presenti nell’aria e la successiva nucleazione fino a formare aerosol con diametri compresi tra 0,1 µm e 1 µm (polveri ultrafini). Proprio l’importante presenza della componente secondaria è caratteristica delle polveri nel bacino padano. Secondo il progetto Life+ Airuse (Testing and development of air quality mitigation measures in Southern Europe) il particolato di origine secondaria a Milano è risultato pari rispettivamente al 70% del PM10 misurato. Purtroppo le conseguenze dell’inquinamento sono pesanti sulla popolazione, un “mal d’aria” confermato dal riscontro epidemiologico. Da uno studio di Fondazione per lo sviluppo sostenibile risulta che le morti premature per inquinamento dell’aria in Italia siano circa 91.000 all’anno. Di queste, 66.630 sono per le polveri sottili PM2,5, 21.040 per il disossido di azoto (NO2), 3.380 per l’ozono O3. Questo drammatico numero coinvolge per lo più le città situate nel catino padano, quindi anche Brescia. La nostra città e l’area circostante ad essa, non solo subisce l’inquinamento, ma con tutta probabilità lo produce, avendo nelle vicinanze numerose ed impattanti fonti emissive, come ad esempio i camini industriali, ma anche le 4 torri del sistema A2A (inceneritore A2A, due della centrale a carbone di via Ziziola e uno a metano di Brescia Nord).

L’inquinamento da inceneritore

Generalmente si pensa che i filtri adoperati per purificare i fumi riescano a trattenere la quasi totalità di questi inquinanti. In realtà anche i filtri tecnologicamente più avanzati abbattono solo gli scarti più grossolani e lasciano passare proprio la pericolosa frazione ultrafine, che possiede una superficie di contatto di circa 3000 volte superiore rispetto ai PM10. Pertanto il vanto da parte di A2A di emettere dai camini una modesta quantità in peso di ceneri risulta vano. In presenza di polveri ultra fini, il metodo di misura in peso non risulta appropriato. Inoltre, se è vero che il sistema dato da inceneritore e centrale di Lamarmora è stato stimato che emetta solo il 9% delle polveri totali per l’agglomerato di Brescia (fonte INEMAR 2014), questo quantitativo risulta concentrato praticamente in un unico punto, quindi la ricaduta delle polveri è su una superficie assai più piccola dell’agglomerato urbano.

 I dati dell’inceneritore su cui riflettere

Rifiuti bruciati: circa 800.000 t/anno, di cui solo il 10% è prodotto dagli abitanti di Brescia. Del restante 90%, quasi il 40% arriva dalla provincia, mentre oltre il 50% viene trasportato da altre provincie anche molto distanti. (Emergenzambiente) Questo vuol dire che movimenta circa 90.000 camion, che comportano a loro volta gravi conseguenze, come si legge sul Giornale di Brescia del 21/12/17: “Una lunga fila di camion incolonnati, in attesa di entrare agli impianti del termoutilizzatore per abbandonare il loro carico di rifiuti. Una coda che si registra per lo più di prima mattina e che ha spinto diversi lettori a segnalarci una situazione «impossibile», come ci scrivono nei messaggi inviati alla redazione “.

Da una tonnellata di rifiuto solido urbano bruciata dall’inceneritore escono 6000 m3 di fumo e ogni metro cubo contiene 100 mg di inquinanti, una miscela di almeno 250 diversi composti, per lo più metalli e diossine e una ventina classificati certi cancerogeni per l’uomo. Facendo due conti risulta che il camino dell’inceneritore emette  in un anno circa 4,5 miliardi di m3/anno di fumo, un volume complessivo corrispondente a 10 km per 4,5 e con un’altezza di 100 m. Il 30% dei rifiuti in ingresso è costituito da componenti non combustibili, stimato in più di 200 mila tonnellate all’anno, che vengono smaltite in discariche speciali ed equivalenti al volume di 2 discariche in 20 anni di attività. Le polveri, di cui restano impregnati i filtri, corrispondono a circa il 4% del peso del rifiuto in ingresso e il loro livello di tossicità è tale da richiedere complessi sistemi di immagazzinamento: sono trasportate con camion speciali in Germania e lì interrate in miniere esaurite. I rifiuti che provengono da altre province e regioni appartengono prevalentemente alla categoria dei rifiuti “speciali”, non meno inquinanti di quelli urbani.  Nell’immondizia finisce inevitabilmente di tutto, compresi prodotti che sarebbe categoricamente vietato bruciare perché contenenti sostanze tossiche e pericolose. In base a uno studio di Legambiente, dall’analisi merceologica dei rifiuti urbani indifferenziati prodotti a Brescia risulta la presenza dello 0,52% tra pile, farmaci e altri rifiuti pericolosi.

 Le tragiche conseguenze del mal d’aria bresciano

Sta di fatto che, il Registro Tumori segnala in provincia di Brescia un tasso d’incidenza tumorale tra i più alti del Nord Italia. Tuttavia non c’è modo di imputare all’inceneritore questa circostanza. Di precisi e circostanziati studi epidemiologici sull’esposizione alle emissioni dell’inceneritore bresciano pare non ce ne siano e del resto sarebbero inutili…Nel senso che il sistema A2A bresciano si trova all’interno di un’area ricca di emissioni potenzialmente tossiche: autostrada A4, acciaierie e industrie varie, allevamenti zootecnici intensivi. Voler rilevare l’impatto dell’inceneritore sarebbe quindi come voler individuare l’onda più alta in un mare in tempesta. Per dovere d’informazione, tuttavia, ci sono alcuni studi che ci permettono di identificare nell’inceneritore di Brescia un possibile pericoloso produttore di diossine, sostanze tra le più dannose per la salute. (Gli inceneritori uccidono – intervista al Dott. Celestino Panizza). In ogni caso questo “mare in tempesta” di emissioni tossiche dalle svariate origini, produce probabili conseguenze sulla salute. Con l’intento di fornire un quadro il più possibile esaustivo dei pericoli che incombono sulla cittadinanza bresciana a causa dell’inquinamento atmosferico, si propone una carrellata dei principali riscontri presenti in letteratura:

  • Uno studio effettuato a Brescia dal 2004 al 2007 ha dimostrato che, ad un incremento dei valori di PM10 nell’aria oltre il limite di legge, nell’arco di 24 ore è stato registrato un picco di ricoveri al pronto soccorso cittadino per eventi cardiovascolari acuti, tipo le sindromi coronariche, l’insufficienza cardiaca, aritmie e problematiche polmonari. Su 6000 ricoveri totali, mediamente 4,94 giornalieri avvenivano con picchi di particelle superiori a 50 µg/m³ rispetto a 3,65 con livelli inferiori. (Prof.ssa Savina Nodari ASST Spedali Civili Brescia Acute Cardiac care congress 2013).
  • Negli ultimi anni a Brescia le forme acute di bronchiti e tracheiti sono aumentate in modo significativo. Queste patologie sono correlate all’inquinamento atmosferico e si possono manifestare negli individui sani 4 o 5 giorni dopo il picco d’inquinamento, per poi persistere anche fino al termine dell’inverno. Le categorie più colpite dalla inalazione di particelle PM10 e soprattutto PM2,5 sono quelle dei ragazzi con età inferiore a 15 anni e gli anziani con almeno 65 anni. Per i bambini si è rilevato che il 28% delle bronchiti sono causate dal particolato, così come le crisi respiratorie, le allergie da pollini e disturbi psichici. Il risultato è una riduzione dell’aspettativa di vita calcolata in 1,3. (Prof. Giordano Bazzola Direttore divisione pneumatologia ASST Spedali Civili Brescia 7/02/18).
  • Lo studio  Enhance Health Report effettuato nel 2007 dal Registro Tumori dell’Istituto Oncologico Veneto e finanziato dalla Comunità Europea, è stato condotto nel comune di Forlì, dove operano due inceneritori. Esso dimostra in modo convincente che un aumento di rischio di cancro è associato alla residenza vicino a inceneritori. Evidenzia come il rischio aumenti di 3,3 volte fra i soggetti con più lungo periodo e più alto livello di esposizione, con un conseguente incremento della mortalità tra il +17% e il +54% per tutti i tumori soprattutto sulle donne. La stima appare particolarmente drammatica perché si basa su un ampio numero di casi, 358 decessi per cancro tra le donne esposte e 166 tra le non esposte, osservati solo nel periodo 1990-2003 e solo tra le donne residenti per almeno 5 anni nell’area inquinata. Inoltre sono state trovate evidenze di correlazione con patologie cardiorespiratorie, ricadute sulla gravidanza con parti pre termine e basso peso alla nascita.
  • Secondo un articolo pubblicato sulla rivista “Translational Psychiatry” dai ricercatori della University of Southern California, vivere in aree dove le concentrazioni di PM2,5  può aumentare significativamente il rischio di demenza senile nelle donne. Lo studio ha coinvolto 3.657 donne statunitensi di età compresa tra i 65 e i 79 anni, monitorate per tre anni attraverso lo screening annuale della funzione cognitiva complessiva e valutazioni neuropsicologica e funzionale. Le partecipanti che vivevano in aree trafficate, dove la concentrazione superava il valore limite di 12 µm/m3 stabilito dall’agenzia statunitense per la protezione ambientale, sono risultate esposte a un rischio dell’81% maggiore di andare incontro a un declino cognitivo complessivo e del 92% di sviluppare una demenza, inclusa quella correlata all’Alzheimer. Rapportato all’intera popolazione, l’inquinamento atmosferico potrebbe costituire la causa di oltre il 21% dei casi di demenza diagnosticati. Particulate air pollutants, APOE alleles and their contributions to cognitive impairment in older women and to amyloidogenesis in experimental models
  • In uno studio ancora più ampio, relativo a 95.690 anziani, pubblicato nel 2017 sempre su PubMed, un gruppo di ricercatori della China Medical University di Taichung, Taiwan, ha calcolato che un’esposizione a polveri sottili durata almeno 10 anni, comporta un aumento del rischio di ammalarsi di Alzheimer del 138%.
  • Il 4° Rapporto della società Britannica di Medicina Ecologica del 2008, conferma nelle molte e documentate considerazioni che, nei pressi degli inceneritori si riscontrino tassi più elevati di difetti alla nascita e di tumori negli adulti e nei bambini. (Indagine sulla salute dei residenti nel Comune di Pisa in relazione all’esposizione alle principali fonti di inquinamento atmosferico CNR ottobre 2017
  • Nel 2014 è stato presentato lo studio “Respira, condotto dalla facoltà di Medicina e Ingegneria dell’Università di Brescia su 222 bambini residenti in città. L’aria avvelenata da polveri sottili provoca ai bambini che vivono nella nostra città alterazioni genetiche addirittura superiori a quelle che subiscono i ragazzini che vivono nell’inquinatissima Calcutta, in India. Per questo, i bambini bresciani in età adulta avranno più probabilità di sviluppare malattie tumorali, tanto che la loro aspettativa di vita si riduce di 3 anni. I bambini sono stati monitorati per quasi un biennio, dal 2011 al 2013, e presentano danni alle cellule della mucosa orale, nell’ordine di modifiche genetiche al DNA, ben tre volte superiori rispetto alla media mondiale della letteratura scientifica: un’incidenza dello 0.29%, rispetto allo 0.11% della norma.
  • Nel corso dello stesso anno, il 2014, è stato pubblicato il rapporto Sentieri dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), che assegna a Brescia il record di incidenza tumorale in Italia. “In entrambi i generi, si legge nello studio, si osservano eccessi in tutti i tumori maligni (uomini +10%, donne + 14%)”. In particolare, si riscontra un aumento di incidenza per i tumori della mammella (+ 25%), epatici (+70% negli uomini e 41% nelle donne), tiroidei (+70% negli uomini e +56% nelle donne), laringei e renali. (Registro tumori.it)
  • Lo studio VIIAS (Valutazione integrata dell’impatto dell’inquinamento atmosferico sull’ambiente e sulla salute in Italia) afferma che qualora si riducessero del 20% i livelli di PM2,5  e di ossidi di azoto nelle città italiane si registrerebbero, rispettivamente, 10 e 15 mila morti premature in meno. Si stima che respirare per un giorno aria con 70 microgrammi di PM10 equivalga ad assumere il particolato contenuto in un pacchetto di sigarette.

Contro l’inquinamento, chi ci tutela?

Per meglio comprendere e fronteggiare questa vera e propria strage d’innocenti, sarebbe necessario ed urgente mettere in campo mezzi adeguati. Il primo è, o sarebbe, un’azione di fitto monitoraggio sul territorio, realizzata tramite un’ adeguata rete di centraline di rilevamento degli inquinanti atmosferici e conseguenti ricerche scientifiche indipendenti. Al contrario, si constata che le sole due centraline che misurano il particolato in città, sono funzionanti in maniera discontinua e forniscono solo medie giornaliere.  Sarebbe inoltre doveroso valutare con precisi studi l’influenza dei vari processi atmosferici (diffusione, trasporto, trasformazione chimica e deposizione), in modo da comprendere meglio i processi atmosferici che determinano l’inquinamento e il loro orizzonte temporale. Questi strumenti sono essenzialmente rappresentati da un sistema modellistico di previsione della qualità dell’aria, in grado di simulare l’evoluzione della concentrazione in aria degli inquinanti, date certe condizioni meteorologiche e le fonti emissive. Infine e non da ultimo, bisogna selezionare misure adeguate da adottare per il contenimento del particolato atmosferico, ponendo l’obiettivo del non superamento dei valori limite. Quindi, misure integrate negli ambiti, ad esempio, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica, dell’uso delle biomasse, dell’agricoltura, fino al lavaggio e pulizia delle strade. A fronte di questa desolante situazione con pesantissimi ripercussioni sulla salute dei Bresciani, l’attuale Amministrazione comunale, che nel 2013 fu eletta anche grazie allo slogan “Cambiamo l’aria”, si dimostra inerte ed ipocrita. Promuove al massimo rare ed inutili domeniche ecologiche, oppure, come si legge nel PUMS (Piano Urbano di Mobilità Sostenibile) di fresca approvazione, ipotizza di realizzare due linee tramviarie entro il 2026 e qualche pista ciclabile in più, come se queste soluzioni fossero sufficienti a lenire il problema.

Nelle prossime settimane saranno pubblicati i dati emersi dalla campagna di misurazione “NO2, No Grazie”, organizzata dal Tavolo Provinciale BastaVeleni, insieme a Cittadini per L’aria Onlus. Si tratta di un progetto di scienza partecipata, già effettuato a Milano lo scorso anno, che permetterà di creare una mappa dettagliata di Brescia dei livelli di questo pericoloso inquinante, che deriva principalmente dalle emissioni dei motori diesel.

Fausto Cavalli

Link utili

IL TERMOUTILIZZATORE DI BRESCIA – IL TERMOUTILIZZATORE DI BRESCIA

Dati e domande a confronto, organizzato e promosso dall’Associazione 5R Zero Sprechi.18/11/2017

Agronomo esperto di agricoltura, energie rinnovabili, economia e politica